La morte con le ciabattine

 

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I recenti avvenimenti del Myanmar, pur nella loro cruenta drammaticità, non hanno i caratteri per stupire. Sono storia già vista : l’ennesimo epilogo di una feroce dittatura che tenta di prolungare la propria agonia, sostentandosi col sangue di pacifici cittadini. Quello che invece mi ha impressionato è stata questa foto di un giornalista giapponese che giace a terra, colpito a morte; con le mani protese che ancora impugnano quell’arma tremenda, invisa e temuta da tutte le dittature: la macchina fotografica. Il testimone muto e inconfutabile delle loro nefandezze.

Di fronte a lui un soldato, con il mitra in pugno, nell’atto di avanzare. Ed il particolare che più stupisce, e sembra stonare, è che entrambi portano ai piedi un paio di ciabattine. Quasi come se quella scena non fosse una tragica realtà, ma l’ultima prova di una recita teatrale, in cui gli attori indossano, sì i costumi di scena, ma possono pure concedersi di trascurare qualche particolare.

E se per il giornalista quella tenuta da spensierato turista, con i calzoni corti e la camicia a quadri, può pure apparir giustificata, stupiscono le infradito del soldato; quasi fosse stato chiamato ad indossare la mimetica e l’elmetto, mentre appena fuori dell’uscio di casa, si stava recando a buttare la spazzatura.

Sono un’ulteriore sfacciata dimostrazione di come, avendo di fronte solo civili inermi e scientemente non violenti, la repressione si riduca per loro ad una comoda e tranquilla passeggiata di morte.