Beneditemi padre…

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Eccomi dunque anch'io ad eseguire il compitino su un argomento ormai un po' inflazionato (per colpa mia che, come sempre, arrivo in ritardo)…ma le promesse vanno mantenute anche da parte di un marinaio come me…

GOLA: il mio nonno materno mi ha regalato nei geni la facoltà di mangiar vitelli senza prendere un grammo. Solo quel rognoso del mio stomaco mi calmiera infliggendomi , se eccedo nei bagordi, dopopranzi da pitone che ha ingoiato una capra intera. Assumo cioccolata, solida e in crema, in dosi sempre crescenti, dopo esser stato ricoverato invano in una comunità dove hanno cercato di disintossicarmi con il Nesquik.

SUPERBIA: ho di me stesso una buona stima anche se detesto la presunzione. Non amo mettere in mostra né il mio essere né il mio avere, avendo più e più volte constatato come l'eccessivo vanto di sé nasconda quasi sempre complessi e frustrazioni.

IRA: sarei tendenzialmente un iracondo ed in certi casi se ne vedono gli effetti dirompenti…ma mi trattengono quasi sempre il senso del ridicolo (la gente incazzata lo diventa sempre un po') e la promessa che mi faccio di un bel piatto di vendetta da gustare rigorosamente freddo.

LUSSURIA: essendo l'unico peccato che va commesso indubitabilmente in compagnia, riesco a dare il meglio solo se trovo una peccatrice capace di entrare in risonanza con la mia fantasia.

INVIDIA: lo giudico un sentimento troppo meschino e la mia autostima non me lo permetterebbe.
Il bene altrui , soprattutto se riguarda persone amiche, è anzi per me fonte di piacere come se mi vedesse coinvolto direttamente.

AVARIZIA: ricordo a proposito la sera che, novello sposo, tornando a casa con la mia mogliettina dal ricevimento di nozze, lei mi sussurrò all'orecchio maliziosa :"Amore, lo sai che sono senza mutande?" . Ed io prontamente le risposi: "Per favore tesoro, non cominciamo a parlar di spese".
Questo per dire che, nonostante tutti i luoghi comuni su noi liguri, ritengo senz'altro di avere un rapporto molto equilibrato col denaro.

ACCIDIA: la pratico e la concepisco come una sorta di voluttuosa pigrizia, intrisa con un vago senso di tristezza a cui mi piace abbandonarmi ogni tanto per analizzare e riflettere, zoomando all'indietro e al di sopra… e distaccandomi dalla scena. Mi serve a ricaricarmi e a metabolizzare ogni specie di evento negativo.

E in conclusione della mia "fatica" lancio una sfida a chi me l'ha proposta, l'inimitabile Mai, e alle tante bravissime scrittrici (o scrittori) del blog:
visto che non è poi così difficile disquisire sui propri peccati (tutti noi, con diverse preferenze, ne pratichiamo , a quanto ho letto, in abbondanza) provate un po' invece a cimentarvi con le virtù: dopo i sette vizi capitali, adesso è l'ora delle tre virtù teologali…

Il terzo occhio.

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Il mio terzo occhio è fuori dal corpo.
Mi vede agire, parlare, perfino pensare come fosse altro da me.
Non ubbidisce al mio cervello ma gli manda segnali,
appena vede che mi addentro in terreni pericolosi.
Oggi il mio terzo occhio ha mandato avvisi di una grave minaccia.
Piano, piano mi sono avvicinato.
Dritto, occhi nell'occhio, l'ho guardato.
Poi senza dire niente, con mossa fulminea l'ho bendato…

Cuori nella tempesta.

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Noi amanti

perduti nella tempesta.

Noi amanti

battuti dal vento.

Noi amanti

frustati dall'uragano.

Noi due

piegati dalla forza

irresistibile della natura.

Noi due

consapevolmente

caduti nel fango.

Noi due

condannati

a fuggire

dopo aver consumato.

Amore…

vaffanculo te e il tuo picnic!

(di Wild e F. Oreglio)

Hotel Supramonte

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In questo periodo mi piace ascoltare questo pezzo dell'indimenticato Fabrizio:

E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo
tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo
e una lettera vera di notte, falsa di giorno
e poi scuse, accuse e scuse senza ritorno.

E ora viaggi, vivi, ridi o sei perduta,
col tuo ordine discreto dentro il cuore
Ma dov'è? dov'è il tuo amore?
ma dov'è? è finito il tuo amore…

Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile,
grazie a te ho una barca da scrivere, ho un treno da perdere
e un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame, così dolce di sete.

Passerà anche questa stazione senza far male,
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore…
Ma dov'è? dov'è il tuo cuore?
ma dov'è? è finito il tuo cuore…

E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome,
ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme,
ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano:
cosa importa se sono caduto se sono lontano…

Perché domani sarà un giorno lungo e senza parole,
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole.
Ma dov'è? dov'è il tuo amore?
ma dov'è? è finito il tuo amore…

Un amore tardivo.

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Dedicato a Mai
sperando di riavere presto
la sua reale presenza tra noi…

Tarcisio non era mai entrato in una chat. E fino a qualche mese prima nemmeno sapeva che esistessero. Aveva sempre usato il computer soltanto per il suo lavoro di oscuro impiegato all'ufficio contabilità della "Bottini & C.", fabbrica di sciroppi e liquori, e per elaborare e catalogare, con maniacale pazienza, i frutti del suo unico hobby: la fotografia.
Ma qualche giorno addietro, in ufficio, aveva sentito un suo collega, quell'arrogante antipatico di Filippini, con tutte le sue arie da sciupafemmine, vantarsi di aver conosciuto in chat una ragazza con un fisico da urlo (almeno così sembrava dalla foto che gli aveva mandato) e di essere riuscito a strapparle un appuntamento per la settimana successiva.
Tarcisio non aveva mai avuto molta fortuna con le donne. Un aspetto fisico gracile e poco attraente, unito ad un'innata e spropositata timidezza avevano fatto sì che, dopo pochi fallimentari tentativi, compiuti in giovane età e culminati in brevi e imbarazzate relazioni del tutto platoniche, egli avesse del tutto rinunciato all'altra metà dell'universo, riservandosi, dopo la morte dell'anziana madre un'esistenza solitaria nel rassicurante grigiore dell'abitudine.
E tuttavia, giunto ormai sulla soglia dei cinquant'anni, iniziando anche a pensare al momento in cui avrebbe lasciato il lavoro, cominciava a sentire il peso di quella solitudine e, complice forse il tiepido sole di aprile, nel suo cuore andava germogliando un'inquietudine strana, una sete d'amore che pareva aver dimenticato.
Fu così che una sera, celandosi dietro il nick di vivere_etico (frutto delle sue antiche frequentazioni dei testi di Kierkegaard), la conobbe, entrando per caso in una stanza che lei stessa aveva creato.
Lo incuriosì il suo nome – vita.virtuale – ed il suo modo di esprimersi così insolito, arguto ed elegante al tempo stesso; allegro, ma percorso da una sottile vena di malinconia che solitamente distingue chi tanto ha amato ed anche sofferto…
Da principio lui restò in silenzio, spiando la sua conversazione con altri utenti; ma poi fu lei stessa a stuzzicarlo e a tirarlo a mezzo, e finirono a discutere fino a tardi, loro due soli, di etica ed estetica, di responsabilità e ricerca della felicità, di senso della vita ed altre simili quisquilie.
Scoprì che lei scriveva un blog, sicchè anche lui volle tenerne uno; per avere due luoghi sicuri nei quali ritrovarsi, scambiarsi commenti e messaggi, regalarsi parole che divenivano via via sempre più intime.
Poi venne lo scambio delle e-mail ed una fitta corrispondenza che occupava a Tarcisio tutti i momenti liberi dal lavoro; lui le scriveva appassionate poesie e la notte in chat si parlavano a lungo, fin quasi al mattino quando, stravolto ma felice, lui si recava al lavoro.
E finalmente, in una calda giornata di fine luglio, giunse anche il momento tanto atteso del primo appuntamento in presenza.
Tarcisio si fece tagliare con cura i capelli ed indossò abiti sportivi, per sembrare più giovane; acquistò dei fiori e perfino un anello (un anello al primo incontro? non sarebbe stato prematuro? ma così si sentiva e così decise di fare…).

Ma la cura meticolosa di tutti quei preparativi fu perfettamente inutile, perché quel pomeriggio all'appuntamento lei non venne ed alla sera, con una mail , giustificò l'assenza con un malore improvviso dell'anziana madre, che purtroppo ne aveva richiesto il ricovero in ospedale.
La necessità di una continua assistenza, nei giorni che seguirono, fu causa del procrastinarsi, a data che non era possibile determinare, dell'evento che Tarcisio aveva tanto sognato.
Le notizie sullo stato di salute dell'anziana donna descrivevano una logorante altalena di vicissitudini: a temporanei miglioramenti che facevano sperare in un prossimo ristabilimento, seguivano ben presto repentini peggioramenti, che gettavano Tarcisio nel più totale sconforto.
Tutta presa dall'estenuante impegno dell'assistenza, lei riusciva di rado a staccarsi dal capezzale ed i messaggi che gli inviava divenivano via via sempre più rari e poveri di parole…
Finché alla fine cessarono del tutto, lasciandolo preda della disperazione.
Dapprima pensò ad un esito fatale e al dolore di lei che doveva esserne seguito…sicuramente nei giorni successivi tutto si sarebbe chiarito ed avrebbero ripreso i contatti….lui l'avrebbe teneramente consolata e finalmente avrebbero potuto incontrarsi…

Ma così non fu. Senza pietà il silenzio invase anche i giorni successivi, per cui un'incontrollabile ossessione si impadronì di Tarcisio, che controllava la posta quasi ad ogni minuto e prese a cercarla freneticamente in tutti i luoghi del mondo virtuale; dal suo blog, irrimediabilmente deserto e silenzioso, alle innumerevoli stanze delle varie chat, nelle quali chiedeva invano sue notizie.
Lentamente, come una droga o un'asintomatica malattia, quell'ossessione assunse il completo dominio su di lui, sottraendo ore al sonno ed alle altre attività della vita quotidiana.
Di giorno, sul lavoro, era stanco ed incapace di una seppur minima concentrazione; commetteva frequenti errori e poteva perfino capitare di sorprenderlo addormentato con la testa appoggiata sulla scrivania.
La direzione dell'azienda lo attese con pazienza, in virtù del suo passato di impiegato modello; lo costrinse anche a prendersi un lungo periodo di ferie e, finite queste, ancora qualche mese di malattia, nella speranza di poter recuperare l'efficiente lavoratore ch'egli era stato un tempo.
Ma quando alla fine fu chiaro che qualcosa nella sua mente si era irrimediabilmente guastato e non era possibile venirne a capo, il Cavalier Bottini in persona si risolse, sebbene a malincuore, a troncare la situazione con il licenziamento.
Ma per Tarcisio, oramai, tutto questo costituiva poco più di un dettaglio, perso com'era dietro ai propri fantasmi.
Così alla perdita del lavoro fece seguito l'abbandono del modesto bilocale di periferia del quale non poteva più pagare l'affitto e che finì per cambiare con una panchina della metro, dove iniziò a sfangare le notti d'inverno con il conforto di liquori delle peggiori qualità.

E questo fu l'epilogo della sua poco esaltante storia e del suo disperato amore, nato e cresciuto davanti al monitor di un pc….
Ma se avrete occasione di incontrarlo, magari nel momento favorevole che segue l'approccio con una bottiglia, vi racconterà ancora di un pomeriggio di primavera in cui, mentre si lasciava consolare da un tiepido sole su una panchina del parco, di fronte a quella fontana presso cui s'erano dati il primo mancato appuntamento, una figura cenciosa, al pari della sua, gli si sedette accanto e con voce grave lo riscosse dal suo torpore di alcoolista:
" E' inutile aspettarla…lei non verrà…non è mai esistita…"

Tarcisio guardò l'uomo vicino a lui e a stento riconobbe nelle sembianze di quel malconcio clochard il suo vecchio collega Filippini, che quasi parlando a sé stesso proseguì:
"Sembrano persone vere, ma sono identità virtuali…Un tempo erano dei programmi, progettati da qualcuno per soddisfare gli utenti di alcune piattaforme…Promettevano amore, attenzione ed affetto a chi lo andava cercando per le strade intricate del web…Poi il gioco sfuggì di mano ….loro presero a organizzarsi e a pensare autonomamente…riuscirono a trasferirsi e a rendersi non rintracciabili… adesso vivono nella rete, non si sa dove… pensano e si comportano come utenti reali…ma non lo sono…come incantevoli sirene conoscono le segrete melodie che inducono al naufragio chi ha la sventura di ascoltarle…"

Ciò disse. Poi si alzò e, con passo lento e strascicato, si allontanò giù per il viale inondato dal sole di maggio, ormai fantasma anche lui per la cosiddetta gente reale.

La ripicca.

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Avevo un amico diversi anni fa, che ora purtroppo non è più, il quale da adolescente scampò ad un incidente di moto con la scatola cranica rappezzata da una placca metallica.
La sua intelligenza vivace purtroppo ne risentì e, nonostante conservasse molte capacità ( tra cui quella di eseguire a mente complessi calcoli matematici ), la sua condotta assunse aspetti quanto meno bislacchi e decisamente fuori dal normale, che spesso facevano sorridere la gente.
Ricordo una volta che si era con un gruppo di amici in discoteca e durante il fatidico momento dei "lenti", come si usava allora, si girava per la sala ad invitare le ragazze più carine.
Anche lui era tutto intento nella ricerca. Ma un corpo alquanto obeso e madido di sudore ed un aspetto comunque non attraente gli procuravano soltanto cortesi rifiuti.
Lui tuttavia non si scoraggiava e continuava con scientifica meticolosità a provarci con tutte, una dopo l'altra.
Quando finalmente, al ventesimo o trentesimo tentativo, una brunetta minuta che nessuno si filava disse sì, lo sguardo gli si illuminò all'improvviso d'una trionfante cattiveria e fissandola dritto negli occhi con voce aspra replicò: "E adesso non ballo io!".

Poi, girando sui tacchi, se ne andò, finalmente soddisfatto, lasciando basita l'incolpevole poverina…
Ciao Claudio, ovunque tu sia…