Giochi pericolosi.

Mentre parcheggiava l'auto davanti a quell'anonimo palazzone di periferia stava pensando come la razionalità ed il buonsenso avessero percorso in lei il cammino inverso. Sicuramente a quindici anni non si sarebbe mai lasciata coinvolgere in un'avventura tanto pericolosa; mentre ora, giunta sulla soglia dei quarant'anni, stava andando all'appuntamento con un uomo conosciuto in chat solo pochi mesi prima…
Trovò la chiave sotto lo zerbino, come da istruzioni. L'ingresso, debolmente illuminato dalla luce del pianerottolo, si presentò desolatamente vuoto. Inutile azionare l'interruttore, inutile forse anche cercare il quadro generale: l'impianto era stato probabilmente scollegato…

"Un appuntamento al buio"…quando aveva letto queste parole, da subito non le aveva intese nel loro senso letterale. Il buio come sfondo fondamentale di un gioco eccitante, il buio per dissolvere l'imbarazzo del primo incontro, il buio come pozzo nero di paure ancestrali, ma anche come campo infinito per corse sfrenate della fantasia…
Che stupida era stata a non portarsi almeno una piccola torcia elettrica, ma in quei momenti tutti i pensieri erano tesi a presentare di sé l'immagine migliore.
Facendosi forte dell'imprevisto, il buon senso tentò di riprendere il comando della situazione, suggerendole la fuga. Ma durò solo un attimo, poi la curiosità e le piacevoli vibrazioni che avvertiva dentro ebbero il sopravvento.
Vestendosi di tutto il coraggio che riuscì a trovare, si addentrò nel nero quasi liquido del corridoio. Aveva lasciato la porta aperta dietro di sé e teneva in mano il cellulare come estrema arma di difesa.
Non ricordava più neppure bene come fosse arrivata a mettersi in quella situazione. Un contatto casuale, un feeling immediato ed istintivo, una sottile schermaglia di parole ( sa sedurre la carne la parola… prepara il gesto… produce destini… ), un ardito gioco di immaginazione e tentazioni… e quasi senza accorgersene si era trovata davanti quella sfida : " Fidati di me…dimostrami che in questi mesi si è creata tra noi una complicità che va oltre la paura e la normale prudenza…tu mi hai aperto il tuo cuore ed io il mio… ed entrambi non abbiamo letto nulla di preoccupante…"
Anche il corridoio appariva completamente vuoto e spoglio di quadri alle pareti, nella luce fioca che proveniva dalle scale e, via via che vi si inoltrava, si andava perdendo anche quel minimo conforto. A tratti si aprivano sui lati porte di stanze percorse da una luce misera, filtrata da tapparelle. Anche quelle desolatamente vuote. Poi il relè delle scale terminò il suo lavoro e l'oscurità divenne quasi completa; e di lì a poco udì chiaramente il clic della porta d'ingresso che provava a chiudersi, senza parere, alle sue spalle.
Rabbrividì, non sapeva se per eccitazione o per paura, e resistette a stento all'istinto di correre verso la porta di ingresso o verso una finestra qualsiasi per invocare aiuto.
Il sangue pareva diventato colla dentro le vene. L'incapacità di prendere una decisione l'aveva paralizzata, come un animale ferito e senza scampo che non trova altro espediente, per sopravvivere, che fingersi morto.
E fu quasi una liberazione quando, nel buio sentì una mano afferrarle saldamente il polso destro, mentre un braccio muscoloso, da dietro le spalle, le si avvolgeva intorno al collo. Il cuore stava fermo in attesa…intanto che quella mano, delicatamente ma con decisione, le sottraeva il cellulare e due labbra calde le percorrevano ansimanti il collo e la nuca… tra poco avrebbe saputo…