Il malocchio

Si conclude con questo racconto l'ideale "trilogia degli scherzi" , con la promessa che, a differenza di "Star wars", non sono attualmente previsti prequel nè sequel…

Una domenica insieme, una compagnia di amici. Vino e frittelle in un'osteria di campagna, battute ad alta voce e risate a volontà. Poi la decisione di finire il pomeriggio in casa di qualcuno, la pioggia insistente ed una macchina che non arriva ("Eppure son partiti subito dopo di noi…"). Infine trilla un cellulare : "Siamo in ospedale: l'auto è distrutta, ma quanto a noi, per fortuna, niente di grave".

Uno di quegli amici ne riportò i postumi per qualche tempo e dovette andare in giro col classico collare in stile vittoriano. Per il poveretto fu una prova dura. Soprattutto perché l'incidente sembrava suggellare un periodo particolarmente sfortunato, durante il quale era stato anche lasciato dalla ragazza. Presto iniziò a maturare dentro di sé la convinzione che qualcuno l'avesse reso oggetto di qualche malefizio. "Sai – mi confessò un giorno – credo proprio che qualcuno m'abbia fatto il malocchio". Fu quella frase, ahimè, a far risuonare nel mio sadico cervellino quella musichetta, tipo "apertura di Windows", che in questo caso preludeva invece a cattivi pensieri, con assai nefaste conseguenze.

Iniziai così, con cura certosina, la costruzione d'uno stampo in cartoncino, nel quale mi industriai a fondere la cera di due candele. Una volta che fu nuovamente solidificata, tolsi lo stampo e con le mani perfezionai la modellatura della cera ancora tiepida.
E alla fine eccolo lì, il mio bell'omino di cera, con la sua testa tonda e le braccine e le gambine ben tornite, come un novello Adamo. Mancava solo il tocco finale, del quale mi occupai immediatamente, inserendo uno spillone in quella zona del pupazzo che nell'ometto corrisponde alla gioielleria. A notte fonda una mano senza scrupoli lasciò il manufatto sotto un tergicristallo dell'auto del mio amico, neppure immaginando il clamore ed il panico che ne sarebbero conseguiti.

L'amico abitava in un quartiere di periferìa, nel quale, inquinamento a parte, si respirava un'aria da piccolo paese e la gente semplice, che vide quell'insolito oggetto alle prime luci dell'alba, ne ricavò spavento e preoccupazione. In breve attorno all'auto si radunò una piccola folla vociante e si improvvisarono rapidi consulti di addetti ai lavori in opere di stregonerìa.

Naturalmente il più spaventato fu quell'anima semplice del mio amico; il pupazzetto fu rimosso con cautela ed affidato alle cure della nonna, la quale, forte dell'esperienza dei "sentito dire", propria degli anziani, si mise subito all'opera per realizzare una controfattura, fondendolo in un pentolino e pronunciando nel contempo le formule magiche tramandate dagli antenati.
L'amico intanto, in preda ad un'incontenibile agitazione, si recava in bagno ogni dieci minuti, per controllare la salute e la funzionalità del prezioso attrezzo…

Fu solo la sera successiva, nella quale tutta la compagnia si ritrovò a cena per festeggiare un compleanno, che la burla gli venne rivelata. E ci volle del bello e del buono per convincerlo che s'era trattato d'uno scherzo e non dell'opera d'un prezzolato praticante di magia nera.
Mi stupirono i suoi occhi che, al posto di rabbia o irritazione, alla fine sembravano esprimere soltanto un'abissale delusione.