Un vecchio amico

Un vecchio amico, di un po' di tempo fa, quando si attraversava la vita con passo più leggero.

Otto anni più di me, quasi un fratello maggiore, ma molti di più sembrava averne per le esperienze già vissute. Una vita in giro per il mondo, ad inseguire un lavoro duro e donne che parlavano altre lingue. Pur così diversi, in poco tempo eravamo diventati inseparabili; tutte le notti in giro a cercare scuse per non dormire. Poi come sempre succede una porta si chiude o altre se ne aprono e quella che era una presenza fissa delle nostre giornate diventa poco più di una figura sbiadita sullo sfondo.

L'altro giorno ci siamo incontrati per caso e davanti ad un boccale di birra abbiamo riassaporato il buonumore di quel tempo. Così mi è ritornato in mente di quella volta che aveva voluto inseguire una burrosa biondina fino in meridione. Carico di valigie come non mai, si fece accompagnare al treno e mi lasciò le chiavi di casa dicendo :"Ti possono servire" ( a quei tempi abitavo ancora con i miei). "Fammi solo un favore, che ho il dubbio d'aver lasciato il radiatore elettrico acceso… adesso è tardi, ma domani appena puoi vai a vedere….".

Il giorno dopo, preso da altre faccende mi scordai completamente di quell'impegno, e solo a tarda notte, dopo aver restituito alle cure dei genitori una piacevole compagnia, mi tornò in mente la stufetta. Preso dai sensi di colpa, per l'eventuale spreco economico che non mi ero curato di evitare, mi misi ugualmente in viaggio verso la tana del lupo.

Si trattava di una piccola casa di campagna un po' isolata, costituita da due soli locali su due piani, con le mura in pietra spesse come quelle d'un castello. Entrando cercai invano di accendere la luce ed anche azionando l'interruttore del quadro generale non ottenni effetto alcuno (seppi più tardi che il bastardo aveva provveduto a svitare le lampadine).

Così alla poca luce che proveniva dalla porta presi a salire la scala che conduceva all'unica camera del piano superiore. La scala era formata da due rampe, unite ad angolo retto, con una finestrella sola che lasciava filtrare la luce della luna. Appena ebbi superato la prima rampa e svoltai l'angolo per accedere alla seconda, il sangue mi si ghiacciò nelle vene…. Appoggiata in piedi alla porta della camera da letto, il capo reclinato coperto da un berretto, stava una figura in tuta da lavoro, in una posa del tutto innaturale e con un lungo coltello piantato nello sterno. Il cervello iniziò a scintillare, mentre pensieri veloci come lampi di luce inseguivano una spiegazione logica. Quella figura indossava gli indumenti di colui che la sera prima avevo accompagnato al treno: come poteva, adesso, essere lì con una lama piantata nel petto? Poi per fortuna gli occhi , abituatisi all'oscurità, mi vennero in aiuto riconoscendo in quella figura un semplice pupazzo, abilmente confezionato con paglia ed una struttura di rami secchi. Proprio uno scherzo ben congegnato; che, grazie alla mia dimenticanza (visto di giorno probabilmente sarebbe apparso meno realistico) aveva sortito l'effetto migliore…

Così l'altro giorno, mentre ancora ne ridevamo assieme, gustando il sapore del luppolo, non potevo fare a meno di riflettere tra me sull'innegabile saggezza del vecchio detto "Dagli amici mi guardi Iddio…"