Fidanzatini.

Che carini – vero? – questi due giovani innamorati fotografati da Doisneau negli anni '50 sulla passeggiata di una qualche città di mare. Lui fiero e un po' impacciato nel suo elegante doppio petto . Lei bellissima, sia pure con un abbigliamento molto castigato, magra ai limiti dell'anoressia, con uno sguardo timido e virginale…

Lasciate perdere. Stavo scherzando: questa foto non la troverete mai su Google, tra gli scatti dell'autore del famoso "bacio". Anche se gli anni sono quelli, il fotografo è un emerito sconosciuto e i soggetti, che probabilmente stavano vivendo uno dei famosi momenti magici, sono coloro che di lì a poco mi avrebbero introdotto in questo complicato enigma chiamato vita.

Buone notizie

Ricordo pochi giorni fa i mezzibusti/mezzicervelli dei telegiornali che con toni euforici commentavano: "Buone notizie per coloro che soffrono di emicrania.  Sembra che alcuni ricercatori abbiano scoperto che questo malessere, assai diffuso tra la popolazione, sia dovuto ad un'effettiva causa organica, consistente in una riduzione della materia grigia in alcune zone del cervello".
Non sono, per fortuna, tra coloro che periodicamente debbono patire questo tormento, ma provo a mettermi nei panni di quanti ne sono afflitti e mi chiedo dove stia la buona notizia.
Non solo giudico improbabile che la scoperta porti a imminenti rimedi (ve lo vedete il medico che, con una siringona, vi inietta "pere" di materia grigia nel cervello?), ma penso anche che d'ora in poi i sofferenti di emicrania saranno restii perfino a lamentarsene; nel timore che prontamente salti su il bastardo-dentro di turno a commentare: "Lo vedi? Te lo dicevo che ti si sta riducendo il cervello!"

Panta còrei (tutto scorre)

Niente e nessuno resta uguale a sé stesso.

E mutano di conseguenza anche i sentimenti

in un continuo divenire.

Una delle principali cause dell'umana infelicità

risiede proprio nell'assurda pretesa di amori eterni.

Forse che un albero resta sempre lo stesso albero

al trascorrere degli anni e delle stagioni?

Forse che il nostro viso, le nostre mani,

sono gli stessi di quando eravamo bambini?

E allora per quale motivo il tempo

dovrebbe scorrere sui nostri sentimenti

e lasciarli immodificati?

La prossima volta che qualcuno

vi dirà: "Ti amerò per sempre",

rispondetegli che vi bastano

i due anni di garanzia…

Il malocchio

Si conclude con questo racconto l'ideale "trilogia degli scherzi" , con la promessa che, a differenza di "Star wars", non sono attualmente previsti prequel nè sequel…

Una domenica insieme, una compagnia di amici. Vino e frittelle in un'osteria di campagna, battute ad alta voce e risate a volontà. Poi la decisione di finire il pomeriggio in casa di qualcuno, la pioggia insistente ed una macchina che non arriva ("Eppure son partiti subito dopo di noi…"). Infine trilla un cellulare : "Siamo in ospedale: l'auto è distrutta, ma quanto a noi, per fortuna, niente di grave".

Uno di quegli amici ne riportò i postumi per qualche tempo e dovette andare in giro col classico collare in stile vittoriano. Per il poveretto fu una prova dura. Soprattutto perché l'incidente sembrava suggellare un periodo particolarmente sfortunato, durante il quale era stato anche lasciato dalla ragazza. Presto iniziò a maturare dentro di sé la convinzione che qualcuno l'avesse reso oggetto di qualche malefizio. "Sai – mi confessò un giorno – credo proprio che qualcuno m'abbia fatto il malocchio". Fu quella frase, ahimè, a far risuonare nel mio sadico cervellino quella musichetta, tipo "apertura di Windows", che in questo caso preludeva invece a cattivi pensieri, con assai nefaste conseguenze.

Iniziai così, con cura certosina, la costruzione d'uno stampo in cartoncino, nel quale mi industriai a fondere la cera di due candele. Una volta che fu nuovamente solidificata, tolsi lo stampo e con le mani perfezionai la modellatura della cera ancora tiepida.
E alla fine eccolo lì, il mio bell'omino di cera, con la sua testa tonda e le braccine e le gambine ben tornite, come un novello Adamo. Mancava solo il tocco finale, del quale mi occupai immediatamente, inserendo uno spillone in quella zona del pupazzo che nell'ometto corrisponde alla gioielleria. A notte fonda una mano senza scrupoli lasciò il manufatto sotto un tergicristallo dell'auto del mio amico, neppure immaginando il clamore ed il panico che ne sarebbero conseguiti.

L'amico abitava in un quartiere di periferìa, nel quale, inquinamento a parte, si respirava un'aria da piccolo paese e la gente semplice, che vide quell'insolito oggetto alle prime luci dell'alba, ne ricavò spavento e preoccupazione. In breve attorno all'auto si radunò una piccola folla vociante e si improvvisarono rapidi consulti di addetti ai lavori in opere di stregonerìa.

Naturalmente il più spaventato fu quell'anima semplice del mio amico; il pupazzetto fu rimosso con cautela ed affidato alle cure della nonna, la quale, forte dell'esperienza dei "sentito dire", propria degli anziani, si mise subito all'opera per realizzare una controfattura, fondendolo in un pentolino e pronunciando nel contempo le formule magiche tramandate dagli antenati.
L'amico intanto, in preda ad un'incontenibile agitazione, si recava in bagno ogni dieci minuti, per controllare la salute e la funzionalità del prezioso attrezzo…

Fu solo la sera successiva, nella quale tutta la compagnia si ritrovò a cena per festeggiare un compleanno, che la burla gli venne rivelata. E ci volle del bello e del buono per convincerlo che s'era trattato d'uno scherzo e non dell'opera d'un prezzolato praticante di magia nera.
Mi stupirono i suoi occhi che, al posto di rabbia o irritazione, alla fine sembravano esprimere soltanto un'abissale delusione.