Il Capodanno di Francesco.

Tranquilli: l'Epifania vi sarà risparmiata. Ma intanto, in attesa di tuffarci tutti quanti nei riti dionisiaci del Capodanno, sediamoci tranquilli in poltrona e sorseggiamo un buon bicchiere di spleen…tanto, come ho già scritto nel commento ad un'amica sappiamo tutti che domani non accadrà niente di speciale, e non finirà e non comincerà proprio niente. Saranno altri i giorni veramente unici nella vita di ognuno di noi; ma verranno all'improvviso, come uno scroscio di pioggia, senza nessun tuono che l'abbia annunciato…e quei giorni saranno unici (nel bene o nel male) solo per noi e per quei pochi che ci vogliono bene…

E correndo mi incontrò lungo le scale
quasi nulla mi sembrò cambiato in lei
la tristezza poi ci avvolse come miele
per il tempo scivolato su noi due
il sole, che calava già,
rosseggiava la città,
già nostra, ed ora,
straniera, e incredibile e fredda;
come un istante deja-vu
ombra della gioventù
ci circondava la nebbia.

Auto ferme ci guardavano in silenzio
vecchie mura proponevan nuovi eroi
dieci anni da narrare l'uno all'altro
ma le frasi rimanevan dentro in noi;
cosa fai ora? ti ricordi? eran belli
i nostri tempi!
ti ho scritto, è un anno,
mi han detto che eri ancor via;
e poi la cena a casa sua
la mia nuova cortesia,
stoviglie color nostalgia.

E le frasi, quasi fossimo due vecchi
rincorrevan solo il tempo dietro a noi
per la prima volta vidi quegli specchi
capii i quadri, i soprammobili ed i suoi,
i nostri miti morti ormai
la scoperta di Hemingway
il sentirsi nuovi
le cose sognate, ora viste:
la mia America e la sua
diventate nella via
la nostra città tanto triste.

Carte e vento volan via nella stazione
freddo e luci accese forse per noi lì
ed infine e in breve la sua situazione
uguale quasi a tanti nostri film;
come in un libro scritto male
lui si era ucciso per Natale,
ma il triste racconto
sembrava assorbito dal buio;
povera amica, che narravi
dieci anni in poche frasi
ed io i miei in un solo saluto.

E pensavo dondolato dal vagone:
"Cara amica, il tempo prende e il tempo dà;
noi corriamo sempre in una direzione,
ma quale sia e che senso abbia chi lo sa;
restano i sogni senza tempo, le impressioni
di un momento
le luci nel buio di case intraviste
da un treno…
siamo qualcosa che non resta, frasi
vuote nella testa
e il cuore di simboli pieno…"

("Incontro" di Francesco Guccini, dall'album "Radici")

Perché domani sia migliore.

Mi è capitato di leggere un documento che ha come primi firmatari vari scrittori, sociologi, giornalisti e direttori di quotidiani e telegiornali, presidi e docenti universitari. Mi ha in certo qual modo confortato perché , per la prima volta , solleva un problema che ritengo di fondamentale importanza per la nostra società. Lo riporto qui di seguito, come suggerimento per una riflessione.

Se ci fosse una educazione del popolo tutti starebbero meglio.

L'Italia è attraversata da una grande emergenza. Non è innanzitutto quella politica e neppure quella economica – a cui tutti, dalla destra alla sinistra, legano la possibilità di "ripresa del Paese – ma qualcosa da cui dipendono anche la politica e l'economia: Si chiama "educazione". Riguarda ciascuno di noi, ad ogni età, perché attraverso l'educazione si costruisce la persona, e quindi la società.

Non è solo un problema di istruzione o di avviamento al lavoro.

Sta accadendo una cosa che non era mai accaduta prima: è in crisi la capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli.

Per anni dai nuovi pulpiti – scuole e università, giornali e televisioni – si è predicato che la libertà è assenza di legami e di storia, che si può diventare grandi senza appartenere a niente e a nessuno, seguendo semplicemente il proprio gusto o piacere.

E' diventato normale pensare che tutto è uguale, che nulla in fondo ha valore se non i soldi, il potere e la posizione sociale. Si vive come se la verità non esistesse, come se il desiderio di felicità, di cui è fatto il cuore dell'uomo, fosse destinato a rimanere senza risposta.

E' stata negata la realtà, la speranza di un significato positivo della vita, e per questo rischia di crescere una generazione di ragazzi che si sentono orfani, senza padri e senza maestri, costretti a camminare come sulle sabbie mobili, bloccati di fronte alla vita, annoiati e a volte violenti, comunque in balìa delle mode e del potere.

Ma la loro noia è figlia della nostra, la loro incertezza è figlia di una cultura che ha sistematicamente demolito le condizioni e i luoghi stessi dell'educazione: la famiglia, la scuola, la Chiesa.

Educare, cioè introdurre alla realtà e al suo significato, mettendo a frutto il patrimonio che viene dalla nostra tradizione culturale, è possibile e necessario, ed è una responsabilità di tutti.

Occorrono maestri, e ce ne sono, che consegnino questa tradizione alla libertà dei ragazzi, che li accompagnino in una verifica piena di ragioni, che insegnino loro a stimare ed amare sé stessi e le cose.

Perché l'educazione comporta un rischio ed è sempre un rapporto tra due libertà.

……………………….. …………..(omissis)…….. …………………………. …….
Non è solo una questione di scuola o di addetti ai lavori: lanciamo un appello a tutti, a chiunque abbia a cuore il bene del nostro popolo.
Ne va del nostro futuro.
……………………….. …………………………. …………………………. ……………..

Mi viene da aggiungere che l'educazione non può prescindere dall'esempio e forse la parte più difficile consiste proprio nel convincere i ragazzi che i modelli da seguire non sono gli acrobati della politica o le altre squallide figure del nostro circo mediatico…

In ogni caso ci dobbiamo provare.

Il Natale di Francesco.

C'è la luna sui tetti
c'è la notte per strada,
le ragazze ritornano in tram.
Ci scommetto che nevica,
tra due giorni è Natale,
ci scommetto dal freddo che fa.

E da dietro la porta
sento uno che sale
ma si ferma due piani più in giù.
E' un peccato davvero,
ma io già lo sapevo
che comunque non potevi esser tu.

E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai,
se cammini nel mattino,
t'addormenti di sera
e, se dormi, che dormi e che sogni che fai.

E tu scrivimi, scrivimi
per il bene che conti
per i conti che non tornano mai.
Se ti scappa un sorriso
ti si ferma sul viso
quell'allegra tristezza che hai.

Qui la gente va veloce
ed il tempo corre piano
come un treno dentro una galleria.
Tra due giorni è Natale,
non va bene e non va male,
buonanotte, torna presto e così sia.

E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai,
se cammini nel mattino,
t'addormenti di sera
e, se dormi , che dormi e che sogni che fai.

("Natale" di F.De Gregori dall'album "Generale")

Un consiglio per gli ascolti di questo periodo,per chi non ne può più di "Jingle bells" e "Astro del ciel"…

Solstizio d’inverno.

Oggi è il solstizio d'inverno. La lunga marcia verso la notte è finita.
Ecco la vera festa. Il Sole frena i suoi cavalli  e inverte la rotta verso il nostro emisfero.
Accendiamo le sacre candele, amici druidi, e brindiamo: da domani il dominio
delle tenebre inizierà a recedere davanti alla forza calda di Helios.

(Wild il pagano)

Buon Natale.

Guarda che contagiante eccitazione
d'auguri in maschera e doni elargiti,
perpetuando riti triti e ritriti.
Mense imbandite d'insoddisfazione,

orge dove trombano i capitoni
e i capponi suonano le campane,
marroni glassati e tritati e vane
risate già spente nei panettoni.

Giù nella città di luce le masse
marciano meste dei predestinati
(chè l'anima è scontata un giorno solo)

in fila agli orifizi delle casse
colmi i carrelli d'istanti sprecati
mentre scorre la sabbia nell'oriuolo…

(Wild)

E comunque, nonostante tutto (o forse proprio per tutto questo)….AUGURI!

I lupi.

I lupi traditi
i lupi sconfitti
i lupi crivellati sul marciapiede
i lupi che fermavano il respiro
a chi non aveva avuto mai paura.
I lupi sempre in agguato
al mattino presto
sull'uscio di casa.
I lupi bastardi
che affondavano le zanne
nella mano curata
che li nutriva.
I  lupi rabbiosi
che gli esplodevano in faccia
la loro marcia ipocrisia.
I lupi che facevano piangere
i potenti per la vita.
I lupi che uccidevano
per la rabbia di vivere.
I lupi bravi ragazzi
che nessuno
avrebbe mai immaginato.
I lupi giovani pentiti
di una guerra improbabile
delle vittime innocenti
degli anni sparati via.
I lupi davanti
al dito di un procuratore
che pesa l'indulgenza
con la paura.
I lupi condannati
a non dormire
aspettando la vendetta
sempre più soli
senza più la rabbia
sempre più morti.

Wild (II-82)

Domenica

I vecchi alle finestre
sul nascer della sera
assaporano la vita
ricordano la vita.

La festa non attesa
nei giorni, non deluse:
è un pacifico miracolo
il tramonto per loro.

Un padre sulla strada
il figlio per la mano
già ritrova il suo lavoro,
e la gioia gli svapora
in qualche macchia di sole.